Miti sulle donne rurali

Ci sono molti fatti stilizzati sulle donne rurali che persistono nonostante la loro mancanza di supporto nelle prove. Questi miti promuovono stereotipi, trattano le donne come un gruppo monolitico e rischiano di orientare male le politiche e il lavoro di sviluppo.

Mito 1: le donne sono povere

Nel momento in cui ci impegniamo a promuovere l’empowerment economico delle donne, sfatiamo i miti di genere che le privano del potere di far progredire se stesse e le loro comunità. Questi miti promuovono immagini di donne come vittime o salvatrici e ostacolano la progettazione di politiche e programmi che possano effettivamente conferire loro potere.

Un mito comune è che le donne rurali siano povere. Sebbene possa avere un fondo di verità nel fatto che le donne hanno meno denaro a disposizione, il resto della narrazione è fuorviante. Presuppone che le donne siano vittime passive o che possano salvarsi da sole, e ignora il ruolo degli uomini nel determinare lo stato di povertà.

Presuppone inoltre che i bianchi delle zone rurali vivano la povertà in modo diverso dai neri non rurali e non poveri, ignorando l’impatto intersecante dei mercati globali e della discriminazione razziale in molte comunità rurali di colore. Inoltre, semplifica eccessivamente le tendenze alla femminilizzazione dell’agricoltura, un imperativo di sviluppo che migliorerà la sicurezza alimentare. In realtà, non si tratta di un’unica tendenza, ma di una serie di tendenze interconnesse.

Mito 2: Le donne producono il 60-80% del cibo del mondo

Le donne sono importanti produttrici di cibo, ma questo mito si basa su una statistica errata e ignora il fatto che in molti luoghi le donne hanno un accesso molto limitato alla terra per le coltivazioni. Inoltre, sono responsabili di gran parte del lavoro che trasforma la produzione di cibo in pasti per la famiglia e altri beni domestici, e trascorrono molto tempo a procurarsi acqua e carburante.

In questo mito c’è un fondo di verità: le donne sono più direttamente colpite dalla limitazione delle risorse naturali e quindi hanno maggiori incentivi a conservarle, e spesso possiedono conoscenze specialistiche sulle specie vegetali e sulle varietà locali. Tuttavia, una progettazione efficace dei programmi richiede un’attenzione alle realtà e un riconoscimento delle complessità delle relazioni di genere, che non possono essere individuate solo attraverso dati disaggregati per sesso. Ciò consentirà di elaborare politiche più incisive nel campo dello sviluppo rurale.

Nonostante il loro duro lavoro, le donne rurali possiedono molto meno degli uomini. È importante comprendere questo mito e le sue implicazioni per le politiche e i programmi volti ad aumentare l’empowerment delle donne.

Questo mito persiste in parte a causa del mancato riconoscimento del fatto che gran parte delle attività agricole non sono retribuite e non si riflettono nelle statistiche ufficiali. Inoltre, il presupposto che gli uomini siano gli unici proprietari dei beni familiari ignora che molte risorse (compresa la terra) sono possedute e utilizzate congiuntamente da diversi membri di una famiglia.

Questi miti possono portare a politiche e azioni sbagliate, soprattutto quando la comunità globale si prepara alla Giornata internazionale delle donne rurali del 15 ottobre. Inoltre, perpetuano gli stereotipi delle donne rurali come vittime o salvatrici, che ne minano l’autonomia. Sfatare questi miti può aiutare a cambiare le cose.

Mito 3: Le donne sono custodi dell’ambiente

Questo mito contiene un fondo di verità: poiché i ruoli tradizionali delle donne prevedono la raccolta di legna da ardere, la raccolta di acqua e la gestione dell’agricoltura, l’esaurimento delle risorse naturali le colpisce in modo sproporzionato. Questo dà loro un forte incentivo a preservare l’ambiente.

Ma presentare questo dato come un fatto assodato distorce il discorso su genere e sviluppo, oscura la necessità di dati migliori e ostacola la progettazione di politiche e programmi efficaci. Inoltre, promuove stereotipi che ritraggono le donne rurali come vittime passive o salvatrici, e ostacola gli sforzi per promuovere i loro diritti e la loro capacità di azione.

È importante sfatare questi stereotipi e riconoscere che le donne rurali sono importanti per la sicurezza alimentare, anche all’interno delle loro famiglie. Esse apportano una serie di contributi essenziali alla produzione agricola, come la cura degli orti o degli appezzamenti di casa e la coltivazione di gran parte dei cereali di base o delle colture di radici consumate dalle loro famiglie. Possono anche contribuire con la manodopera alle aziende agricole di famiglia o lavorare per salario nelle aziende agricole di altri.